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Il paesaggio è una porzione di territorio come appare abbracciata dallo sguardo di un soggetto. Il termine è usato soprattutto per vedute caratterizzate da bellezze naturali o da interesse storico, artistico o ecologico. In geografia indica anche la conformazione del territorio stesso, come risulta dall’insieme degli aspetti naturali e antropici
Il termine deriva da paese sul modello del francese paysage, composto da pays, “terra, regione”, e il suffisso -age, che tende a dare l’idea di collettivo, globale. Pays deriva a sua volta dal latino pango “conficcare pioli”, “delimitare”. Nell’italiano del 1500 viene prima usato paese per descrivere, tradizionalmente, la pittura proveniente dal nord Europa e il realismo di certe vedute paesaggistiche che cominciava a sviluppare.
È interpretato culturalmente e oggetto di studio in differenti e spesso non comunicanti ambiti di ricerca, esposto a significati talmente ampi, variegati e molteplici da rendere arduo qualsiasi tentativo di circoscrizione. A seguire, ne sono illustrate le principali accezioni.
L’accezione percettiva
paesaggio marino a Mindanao
Il paesaggio dei Terrazzamenti di Banaue nelle Filippine, patrimonio dell’umanità
Il paesaggio delle cascate termali di Pamukkale, in Turchia, patrimonio dell’umanità
Paesaggio d’autunno
Paesaggio invernale
Il paesaggio delle “bellezze storiche e naturali”
La concezione di paesaggio percettivo si è modificata nel corso del tempo, fino a giungere alla sottoesposta definizione del 2000. Nell’accezione di inizio secolo (codificata in Italia dalla L. 1497/1939 sulla “protezione delle bellezze naturali”), il paesaggio era legato a caratteri di bellezza e valore, esclusivi di porzioni determinate di territorio, legati a delimitati scorci e vedute panoramiche: le cosiddette “bellezze da cartolina”. È comunque un’accezione piuttosto sentita ancora oggi, anche se piuttosto parziale e non corrispondente al reale meccanismo di produzione del senso di “paesaggio”.
Precedentemente e successivamente il concetto ha avuto molte altre definizioni, legate comunque ad aspetti parziali del senso di “paesaggio percettivo”, come ad esempio l’associazione col “pittoresco”. Il senso di “paesaggio” è più vicino a quello di “territorio” (che ha un senso ben diverso) o all’accezione “scientifica” del termine (vedi punto seguente), in quanto viene ristretto al discorso della “sintesi del visibile del contesto naturale e delle attività” ed alla pura visione del mondo materiale.
Civiltà paesaggistiche ed evoluzione storica del concetto di paesaggio
Il concetto di paesaggio nella cultura occidentale è piuttosto moderno e non è sempre esistito. La sua evoluzione inoltre è strettamente interrelata con l’evoluzione del senso assegnato alla natura. Piuttosto importante la lettura di A. Berque in tal senso, che fa coincidere all’esistenza di civiltà paesaggistiche la nascita di una concezione di paesaggio. Perché una società sia paesaggistica devono essere soddisfatti i seguenti criteri:
esistenza ed uso del paesaggio
esistenza di una letteratura sui paesaggi e sulla loro bellezza
esistenza di rappresentazioni pittoriche dei paesaggi
esistenza di giardini
In base a queste considerazioni la prima società paesaggistica mondiale fu la Cina. Il mondo occidentale difatti almeno fino al ‘500 non possedeva contemporaneamente questi elementi.
Esistono comunque posizioni diverse sull’introduzione del concetto di paesaggio all’interno della società Occidentale. Una scuola di pensiero vorrebbe far coincidere tale introduzione con un brano del Petrarca, la Lettera in cima al Monte Ventoso, in cui compare una descrizione estetizzante della natura.
La Convenzione Europea del Paesaggio
(EN)
«“Landscape” means an area, as perceived by people, whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors»
(IT)
«”Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle persone, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni»
(Convenzione europea del paesaggio, versione ufficiale in inglese del Consiglio d’Europa, Articolo 1, traduzione non ufficiale)
La Convenzione Europea sul paesaggio ha introdotto in Europa un nuovo modo di considerare e gestire la dimensione paesaggistica del territorio, e si caratterizza per aver assegnato al paesaggio la qualità specifica di concetto giuridico autonomo.
Il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua progettazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo. In questo senso è forse oggi possibile cominciare a parlare di diritto al paesaggio.
Il paesaggio configura la forma del paese, creata dall’azione cosciente e sistematica della comunità umana che vi è insediata, in modo intensivo o estensivo, nella città o nella campagna, che agisce sul suolo e che produce i segni della sua cultura.
La locuzione “paesaggio” non costituisce più l’equivalente semantico di “bellezze naturali”, atteso che una concezione siffatta poneva un ingiustificato restringimento dell’ambito di applicabilità della tutela alle sole aree di pregio paesaggistico e tendeva ad assimilarle, per natura e regimi giuridici, alle cose di interesse storico-artistico, quali cose appartenenti alla speciale categoria dei beni di interesse pubblico.
Il paesaggio rappresenta, invece, una delle componenti dell’ambiente e, segnatamente, come ha avuto modo di confermare più volte la Corte Costituzionale, (Corte Cost., sent. 21 dicembre 1985, n. 359 e Corte Cost., sent. 7 novembre 1994, n. 379.), la componente estetico-culturale riferita anche alla forma del territorio
Abbandonata definitivamente la sintesi bellezze naturali-paesaggio si è spostato l’accento dalla dimensione solo estetica del paesaggio al più esteso concetto di beni ambientali come beni culturali che interessano vaste porzioni del territorio nazionale. Inteso in tal senso, il paesaggio è un bene che va riconosciuto e tutelato giuridicamente. Concretamente, la tutela del paesaggio assurge a valore costituzionale primario, cui deve sottostare qualsiasi altro interesse inferente, e dovrebbe essere rivolta a conservarne e mantenerne gli aspetti significativi o caratteristici, in funzione del suo valore patrimoniale, derivante dalla sua configurazione naturale e dall’intervento umano. (MAGNOSI F., Il diritto al paesaggio: tutela, valorizzazione, vincolo ed autorizzazione, Exeo, 2011).
In ambito giuridico, la tutela del territorio in generale, e della qualità del paesaggio in particolare, si realizza di solito, ma non necessariamente, attraverso strumenti suscettibili di limitare i diritti dei singoli attraverso l’apposizione di vincoli specifici, o con la previsione di autorizzazioni specifiche per modificare i beni su cui insistono i detti vincoli.
In coerenza con quanto precede e con quanto già affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 25 ottobre 2000, n. 437 rispetto alla nozione di tutela del paesaggio contenuta nell’articolo 9, comma secondo della nostra Costituzione, essa dovrebbe essere oggi interpretata nel senso dell’insieme dei comportamenti pubblici da porre in essere al fine di prendersi cura della qualità del paesaggio con riferimento all’intero territorio nazionale, e non già come l’espressione di attività finalizzate alla conservazione dello status quo in alcune aree o con riguardo a determinati beni materiali. Sul piano pratico, sarebbe del resto poco rispondente alle evoluzioni socio-economiche del territorio interpretare il dettato costituzionale nel senso che le pubbliche autorità competenti debbano limitarsi ad attività di conservazione di una serie limitata di beni.
Nondimeno, la tutela del paesaggio dovrebbe attuarsi dinamicamente e cioè tenendo conto delle esigenze poste dallo sviluppo socio-economico del paese, per quanto la soddisfazione di esse può incidere sul territorio e sull’ambiente, rappresentando così una formidabile occasione per promuovere, in ogni territorio e nel lungo periodo, benessere, identità e sviluppo. Cfr. Sent. Corte Cost., 25 ottobre 2000, n. 437, cit.
Paesaggio come carattere identitario
Lo stesso argomento in dettaglio: Paesaggio culturale.
«Zona o territorio, quale viene percepito dagli abitanti del luogo o dai visitatori, il cui aspetto o carattere derivano dalle azioni di fattori naturali e/o culturali (antropici)»
(da A.Giordano, Per codice di progetto del paesaggio, in Frames. Frammenti di architettura e paesaggio, 2006, Libreria Internazionale Cortina, Padova)
Attualmente si riconosce il paesaggio come bene culturale a carattere identitario, frutto della percezione della popolazione. Da questo punto di vista il paesaggio è un prodotto sociale e non rappresenta un bene statico, ma dinamico. In base a queste caratteristiche, in quanto determinato dal carattere percettivo (almeno in base a questa accezione di paesaggio), il paesaggio è sempre relazionato all’azione dell’uomo. In particolar modo la percezione del paesaggio è frutto di un’interazione tra
la soggettività umana
i caratteri oggettivi dell’ambiente (antropico o naturale)
i mediatori socio-culturali (legati al senso di identità riconosciuto da una società su un determinato tipo di ambiente. Ad esempio, per rendere più comprensibile: la società occidentale, o almeno parte di essa, si identifica nell’ambiente montano e lo considera come un paesaggio, meritevole di rappresentazione verosimile; così non era nel Medioevo. In parte allo stesso modo per quanto riguarda il mare).
In questo senso il paesaggio non coincide con la realtà materiale (quindi con il territorio), in quanto l’azione dei mediatori socio-culturali e della soggettività umana determinano un effetto di produzione di senso. In altre parole: il paesaggio comprende sia la realtà, che l’apparenza della realtà. Da questo punto di vista il paesaggio è anche un potente linguaggio: non esiste un paesaggio senza rappresentazione di esso, ed è attraverso questo passaggio che la società manifesta le proprie aspirazioni e partecipa al processo di scambio (statico o dinamico) dei mediatori socio-culturali.
“Il paesaggio non è soltanto qualcosa da costruire o tutelare, ma […] qualcosa da riconoscere, percepire, ascoltare e descrivere. […] Il paesaggio è l’ipostasi della storia nel territorio. Ciò che è stato in etica, in estetica, in architettura, in filosofia, in progresso o decadenza, in carestia o abbondanza, in guerra o in pace, in storia o mito, in momenti di intensa religiosità o di agnosticismo, è scritto nel profilo paesaggistico e tutto interpretabile qualora la cultura, come un demiurgo, intervenga e soccorra per illuminazione”( da G. Andreotti, “Paesaggi culturali. Teoria e casi di studio”, Milano, Unicopli, 1996).
Paesaggio dell’Alto Mantovano
L’accezione scientifica
Le colline moreniche del Lago di Garda
Alla precedente definizione percettivo-formale ed estetica di paesaggio, che è la più diffusa, va per completezza affiancata (e non sostituita) la definizione scientifica derivante dalle scienze naturali. Essa studia e valuta il paesaggio in quanto oggetto in sé, e non come percezione di un soggetto esterno.
L’approssimazione scientifica al paesaggio, e la sua conseguente definizione, è assai poco conosciuta e condivisa, poiché viene impiegata nella stretta cerchia dei naturalisti e in particolare dagli ecologi del paesaggio, ma viene poi palesemente chiamata in causa quando dal registro teorico-descrittivo si passa a quello strettamente operativo, laddove, cioè, si richiedono studi e valutazioni facenti capo a discipline che indagano sulle diverse “componenti” del paesaggio medesimo: geologia, geomorfologia, botanica, ecologia, storia, urbanistica, ecc.
L’approccio scientifico ai problemi del paesaggio ed al paesaggio in quanto problema in se’, nasce dagli studi di Alexander von Humboldt, che chiamò “paesaggi” degli insiemi di elementi naturali e umani comprendenti terre, acque, piante e animali, intuendo la presenza di una “logica” che ne sottendeva l’organizzazione, i legami reciproci ed il perenne divenire. Occorrerà attendere, però, la nascita dell’Ecologia del paesaggio (Carl Troll, 1939) ed i successivi studi, per avere delle formulazioni definenti più complete. In questa sede se ne propongono alcuni esempi in ordine cronologico (alcune sono abbreviate):
Brückner, 1898: “Il paesaggio, oltre che una sintesi, è un programma.”
Enciclopedia Sovietica, 1939: ” Il paesaggio è una porzione naturalmente delimitata della superficie terrestre, le cui componenti naturali formano un insieme di interrelazioni e interdipendenze”.
Szava-Kovats, 1960: ” Tutto ciò che v’è sull’involucro terrestre, tutto, nella sua esistenza e interferenza, costituisce il paesaggio”.
Sestini, 1963: “Il paesaggio è la complessa combinazione di oggetti e fenomeni legati fra loro da mutui rapporti funzionali, sì da costituire una unità organica”.
Valerio Giacomini, 1967-72: “Il paesaggio è una costellazione di ecosistemi. Esso coincide inoltre con il processo evolutivo della biosfera i cui significati intimi appartengono alle leggi naturali che governano il divenire vitale”.
Forman e Godron, 1986: “Un paesaggio è una parte eterogenea di una regione, composta da un’aggregazione di ecosistemi interagenti che si ripete in ogni punto con forme simili”. (riferita ai paesaggi zonali)
Naveh, 1990 “Il paesaggio è un’unità ecologica e culturale, spaziale e temporale e, parafrasando Troll, è la complessiva entità spazio-temporale della sfera vitale dell’uomo”.
Ingegnoli, 1992: “Il paesaggio è un sistema di ecosistemi”.
Romani, 1994: “Il paesaggio è l’insieme eterogeneo di tutti gli elementi, i processi e le interrelazioni che costituiscono l’ecosfera, considerato nella sua struttura unitaria e differenziata, ecologico-sistemica e dinamica, che lo identifica con un processo evolutivo nel quale si integrano le attività della natura e quelle dell’uomo, nella loro dimensione storica, materiale, culturale e spirituale, nonché la visione e la percezione che hanno del P. sia il singolo che le collettività”.
I più recenti studi di ecologia del paesaggio mettono in evidenza il fatto che la concezione scientifico-oggettiva e quella percettivo/estetica- soggettiva del paesaggio siano strettamente complementari e che la loro integrazione in una concezione unitaria è già iniziata grazie ai contributi di altre discipline coinvolte a pieno titolo nello studio del paesaggio: la teoria dei sistemi, la teoria della forma (Gestaltheorie), la teoria della percezione, la teoria dell’informazione e della comunicazione (Claude Shannon), la cibernetica (Norbert Wiener), la teoria della complessità (Ilya Prigogine et al.).
Studio del paesaggio e strumenti di analisi
Il paesaggio carsico della Cina meridionale
Lo studio del paesaggio non può essere compartimentato all’interno di una disciplina specifica, ma deve presupporre un approccio olistico. Un approccio di studio al paesaggio deve necessariamente essere di tipo integrato, sia che si perseguano analisi sulla qualità percettiva del paesaggio, sia che si intendano perseguire analisi scientifiche sugli elementi ecologici, considerando tutti gli elementi (fisico-chimici, biologici e socio-culturali) come insiemi aperti e in continuo rapporto dinamico fra loro.
Si dovrà inoltre tenere conto della multidisciplinarità e della trasversalità dello studio, cercando di superare l’artificiosa compartimentazione fra le diverse discipline. Diversi possono essere gli strumenti adottati per lo studio del paesaggio, fra essi negli ultimi anni sta acquisendo sempre maggiore importanza l’utilizzo di banche dati georiferite basate su tecnologie GIS/SIT. Con tale strumento è possibile acquisire, archiviare ed elaborare dati relativi al paesaggio ricavando informazioni utili alla sua gestione integrata, finalizzata sia alla conservazione (o geoconservazione) che alla valorizzazione
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